Il Ribelle di Jünger

“ Giganti e Titani si ripresentano di continuo, e sempre con lo stesso immenso potere. L’uomo libero li abbatte: non necessariamente dev’essere un principe o Eracle in persona. É già successo che bastasse una pietra scagliata dalla fionda di un pastore, il vessillo innalzato da una vergine, il lancio di una balestra. ”


Ernst Jünger è certamente un autore audace, capace di descrivere la crisi dell’ultima sponda del mondo borghese e il passaggio al nichilismo più assoluto in modo pregnante. Nichilismo, che si rivela nell’integrazione planetaria in nome della tecnica, nella proletarizzazione e dell’appiattimento dei ceti e nel successivo passaggio alla società di libero mercato. Così in un suo breve libro datato 1951, il Trattato del Ribelle, l’Autore tira le fila di ciò che è rimasto in eredità, nei termini del singolo uomo libero, dopo la fine del Secondo conflitto mondiale con la sconfitta delle destre a Occidente e l’impennata (per quanto apparente) del comunismo ad Est. Le sue tesi risultano ancora più interessanti se, dopo oltre settant’anni dalla loro formulazione, vengono proposte nell’ottica del mondo attuale.

La caratteristica principale dell’uomo a questo stadio antropologico è la possibilità di carpirne informazioni basandosi su quello che uno fa, su come si orienta, su cosa parla in pubblico ecc. Questo “scambio” è praticamente ineludibile, giacché, all’occhio scaltro come può essere quello dello Stato, tutte le azioni e anche le non-azioni sono suscettibili di interpretazione, e danno precise informazioni su quel soggetto: sia che uno voti “sì” al referendum, o voti “no” , oppure non si presenti affatto a votare – tutto ciò è un enorme polo informativo circa le idee e le inclinazioni di quel soggetto. Da ciò deriva, progressivamente, la possibilità di poter quasi prevedere i movimenti del soggetto, secondo una sorta di determinismo statistico formato da tutti gli input pervenuti.

Quale descrizione più fedele di ciò che è diventato internet ai giorni nostri, cioè un agglomerato sconfinato di dati sui propri utenti, gelosamente custoditi dal Leviatano. Per Jünger, il Leviatano era lo Stato, ma oggi, settant’anni dopo, con la vittoria della forma più aggressiva e nefanda di capitalismo, possiamo dire che esso sia costituito dalle grandi aziende che custodiscono i dati. Il potere lo possiede colui che possiede i dati, che può poi influenzare massiciamente le scelte della politica interna, detronizzando lo Stato e diventando esso stesso il garante dei diritti. I diritti in balìa del libero mercato …

Un tale sistema può funzionare solo a una condizione: sulla paura. È la paura dell’ignoto, del precario, dell’indefinito, anche dell’irrefrenabile scorrere del tempo, che spinge l’uomo massificato e alieno da se stesso ad accettare un tale sistema perverso. È disposto a vendersi al miglior offerente, purché si senta lenita questa sensazione di terribile paura. È il meccanismo che abbiamo visto nella sua reale potenza in questi ultimi anni: la paura della malattia, la successiva corsa alla vaccinazione, la demonizzazione di tutti quelli che presentavano (a ragione o a torto) opinioni diverse.

Antitetico alla figura dell’uomo-massa obnubilato dalla tecnica è il Ribelle, cioè colui che attua il “passaggio al bosco”. Il bosco è la patria dell’imperturbabilità solare, luogo dove il tempo non scorre, residenza della vera unità. Il bosco rappresenta l’essere sovratemporale che dà sicurezza, mentre la nave rappresenta l’essere temporale. Il bosco è segreto, Heimlich in tedesco, ma con ciò è assai vicino ad Unheimliche, che significa inquietante, perturbante. Solo il Ribelle si trova a suo agio nel bosco, perché ha sconfitto la paura; l’uomo-massa no, preferisce attaccarsi alle sovrastrutture preesistenti anche se esse lo rendono schiavo.

Il passaggio al bosco, specifica l’Autore, non dev’essere inteso come una fuga, per quanto eroica, dal mondo, giacché il “bosco” è in realtà un’entità più metafisica che fisica: esso è presente là dove il Ribelle lo rivendica e dove l’uomo-massa, accecato dal Leviatano, non può vederlo. Così “il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, dove il Ribelle vive nascosto oppure si maschera dietro il paravento di una professione. Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchina. Il bosco è in patria, e in ogni luogo dove il Ribelle possa praticare la resistenza. Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso”. L’ultimo passo è assai significativo: le retrovie sono il vero luogo della battaglia spirituale, anche nel racconto di alcuni mistici.

In definitiva, il Ribelle è colui che fugge dalla paura principale che assedia invece l’animo dell’uomo-massa: l’angoscia evocata dal passare del tempo e della vanità delle cose umane. Questi sono tutti elementi che alimentano il nichilismo passivo dell’uomo-massa, che in tal guisa si conforma ancor di più al Leviatano. La forza del Ribelle sta invece nella capacità di “pensare il mondo come totalità”, che è poi basilare per una vera individualità. Se per l’uomo-massa tecnicizzato l’unica parvenza di una vita superiore sta nella sofferenza vittimistica, non così per il Ribelle, il quale è uomo d’azione libera e indipendente, di resistenza assoluta – “non conosce neutralità, né remissione, né reclusione in fortezza” – al quale non è permessa l’indifferenza. È il dominatore dei dèmoni, da cui non si fa soggiogare – cioè, non si fa soggiogare dal demos, appunto dagli impulsi e dalle tendenze irrefrenabili dell’uomo-massa al servizio del Leviatano.

Le idee di Jünger furono abbastanza ostracizzate nel Novecento e, oggi più di ieri, esse rivelano la loro validità nella comprensione delle dinamiche del mondo postmoderno; per questo, Jünger viene spesso associato a coloro di cui non si deve parlare o, se proprio bisogna parlarne, perlomeno non troppo e a bassa voce.

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