Un triestino dimenticato: Antonio de Giuliani

Antonio de Giuliani nasce nel 1755 in una famiglia del più alto patriziato locale che si trova, a seguito delle riforme di razionalizzazione e accentramento di Maria Teresa, in rapido declino. Sarà proprio l’eredità esperienziale dell’appartenenza al vecchio patriziato – oramai antitetico alla nuova società borghese dei commerci plurinazionali – che influenzerà nel Giuliani lo sviluppo del suo pensiero; incentrato dapprima sulla Wohlfartsstaat(i), dalla quale però si discosta ben presto, propendendo poi per un più sobrio ma più solido “sviluppo ordinato”, nel rispetto delle risorse naturali. Nonostante le difficoltà economiche riesce a perseguire gli studi e si iscrive alla facoltà giuridica di Vienna. La sua giovinezza è nondimeno permeata da letture di Herder e Wieland, ma soprattutto dalla scoperta di Montesquieu, Rousseau e Locke. Tornato a Trieste dopo la laurea, nel 1780, entra in massoneria, viene aggregato al Consiglio dei patrizi, viene assunto dal Giudizio civico provinciale, dal quale però si dimette nel maggio ‘84. Scrive un testo sulle potenzialità del porto di Trieste (le Riflessioni politiche sopra il prospetto attuale della città di Trieste) e lo invia direttamente all’Imperatore Giuseppe II il quale lo apprezza a tal punto da inviare il giovane Giuliani in giro per l’Europa, per studiare il funzionamento dei porti stranieri. Svolge il suo compito dal settembre ‘85 fino al ‘87, quando ritorna a Trieste per saldare un debito col fisco. Discute con Giuseppe II il suo progetto di sviluppo per la città, e ne riceve l’approvazione, dovendo poi sospenderlo con la morte dell’Imperatore. Per il suo successore, Leopoldo II, Giuliani ricomincia nuovamente a viaggiare, ma questa volta non all’estero, bensì all’interno della monarchia, con lo scopo di lavorare come vero e proprio consigliere sul campo. E’ in questo periodo che scrive La vertigine attuale dell’Europa, il suo lavoro più importante, in cui abbozza la sua visione filosofico-politica, incentrata più sull’ordine e sul funzionamento degli organi statali che sul progresso. Scrive il Giuliani:

In oggi si grida per ogni dove “Commercio, commercio!” Quest’è divenuta la manìa regnante. Quest’è l’ambizione di tutt’ i Principi. Da per tutto si cerca di garantire col commercio la propria grandezza, e di mettersi al coperto dei più strani avvenimenti. Ognuno vorrebbe averne l’esclusiva, e da pertutto si vuole incatenare questo sicuro apportatore d’immense ricchezze, ch’è insieme l’unico alimento del lusso, e dei più variati piaceri

In queste poche righe sussume la logica capitalistica, allora ancora agli albori ma in rapida ascesa; l’uomo settecentesco, impregnato di quell’umanesimo che – volente o nolente – l’illuminismo tentò di avallare, resta sopito dinanzi alla svolta materialistica, fatta di un mero utilitarismo e se vogliamo meccanicismo: l’uomo viene per forza di cose snaturato e svalutato, considerato come semplice esecutore dei processi produttivi. Tant’è che prosegue il Giuliani, intuendo il pericolo incombente:

E frattanto questo commercio dopo aver cambiata la faccia di uno Stato, sembra non promettere altro, che dei rovescj altrettanto più fatali per una Nazione, quanto più grande ne fù la sua passata prosperità

Da ciò si evince un necessario mutamento di cose, un eterno ritorno oscillatorio: la consapevolezza che “il massimo splendore segna già l’inizio della crisi, il progresso reca già in sé i germi della decadenza”.(III) E’ ciò che Giuliani vuole evitare per la sua monarchia austriaca, persuadendo l’imperatore dal seguire i modelli di sviluppo stranieri, troppo incentrati sul commercio a scapito della stabilità e dell’ordine dello stato. 

Ma i tempi sono cambiati e il prode viaggiatore, l’instancabile consigliere e scrittore settecentesco, l’”uomo che godette della stima di un sovrano” deve soccombere in un mondo non più suo, avviato oramai su una via nuova e imperscrutata. 

Antonio de Giuliani si spegne quasi dimenticato il 30 giugno 1835; non c’è pompa al suo funerale, solo un amico e i suoi contadini che lo accompagnano ad una tomba accanto alla chiesa di Cattinara, sul Carso triestino. 

Le lapidi attorno alla chiesa di Cattinara.

NOTE

(I) Antonio de Giuliani, La vertigine attuale dell’Europa, Marino Bolaffio Editore, 1976, p. 43

(II) Ivi, Cit., p. 44

(III) Citazione dalla presentazione del libro, di Giorgio Negrelli, p. 19

Cfr. sito Treccani: Antonio de Giuliani

(i) Wohlfartsstaat: concezione di uno Stato, cioè, che si poneva il fine di una generalizzata facilità e sicurezza di risorse, della rapida realizzazione del pubblico benessere e della sua massimizzazione. (Treccani)

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