Nell’anno che verrà

Apprestandoci al crepuscolo dell’anno presente, giunge il tempo di tirare le fila: non già per compiacimento, ancor meno per misero umano orgoglio, ma per preparare le mosse da giocare nell’anno venturo.

Il conflitto che è venuto manifestandosi sempre più apertamente a partire dal 24 febbraio 2022 sta introducendo lentamente a un nuovo mondo, capitalizzando e consolidando i risultati raggiunti sul piano diplomatico, geopolitico e militare, assumendo sempre più segnatamente un carattere universale, di risveglio del Sud globale. Abbiamo infatti visto nel 2023 l’acutizzarsi di questo conflitto sotterraneo, inizialmente combattuto solo in Ucraina, con l’apertura di nuovi fronti, con il risveglio africano di questa estate, con il violento scoppio delle ostilità (prima sopite con grossi sforzi) in Medio Oriente, in ultimo con il tentativo di Maidan serbo degli ultimi giorni. Assume ogni giorno più evidenza il rivolgimento geopolitico in atto, con la rimozione delle vecchie idiosincrasie di potere, per le quali tutto doveva essere rapportato ai valori americani, alla necessità di esportare la “democrazia” (anche manu militari), al dogma del libero mercato dei costumi e del pensiero; oggi comincia a imporsi la volontà sempre più marcata di un mondo multipolare, dove assumono valore le specificità culturali ma soprattutto spirituali di ogni popolo, da cui deriva l’intima necessità dell’autodeterminazione e della sovranità di ogni nazione, ovvero il diritto a decidere liberamente del proprio avvenire.

Il quadro che va configurandosi è quindi il seguente:

 

  • Russia-Ucraina
  • Liberazione africana contro i colonizzatori europei
  • Medio Oriente (Houthi – Coalizione USA)
  • Serbia – Tentativo analogo dell’Euromaidan ucraino

 

Ancora più s’addice, al fine della nostra trattazione, la dialettica della “lotta di classe”, utilizzata anche da Sergey Naryshkin, capo del servizio segreto russo per l’estero, in un articolo recentemente apparso su RT, per spiegare i rivolgimenti attualmente in atto. La logica è semplice: c’è la classe liberal-globalista in declino, che lotta strenuamente per mantenere il suo predominio tentando di far fronte all’altra classe del multipolarismo, questa in ascesa. Trasponendo questo ragionamento nel micro-caso del Territorio Libero di Trieste crediamo si possa fare un perfetto quadro della situazione: c’è una classe parassitaria e massonica, alla mercé del “vecchio mondo” (quello USA), che sta tenendo sotto scacco da oltre 76 anni la questione della millantata sovranità italiana su Trieste, su ordine occidentale, per meri interessi personali di guadagno e speculazione – come crediamo di aver esaurientemente dimostrato negli altri articoli. E c’è, anche se in maniera discontinua e assolutamente insufficiente, chi si oppone a questo sistema di servilismo che si sta perpetuando da decenni. Nel 2024 sarà necessario aumentare la pressione, e questo a partire dalle cause che toccano più da vicino la cittadinanza: ovovia, spostamento del Burlo, disboscamento indiscriminato ecc. Questo è il metodo che, se seguito con tenacia e determinazione, sicuramente porterà i suoi frutti: abbandoniamo una volta per tutte i governi da osteria, del pari l’atteggiamento vittimistico tutto triestino di dover supplicare in ginocchio il rispetto dei propri diritti.

Bando alle facili illusioni e guardiamo romanamente in faccia la realtà: nessuno, se non i triestini, può sbloccare la situazione, richiedendo con sempre più forza allo stato amministratore il rispetto dei propri diritti sanciti internazionalmente.  Per qualsiasi vittoria o sconfitta i responsabili siamo noi, e dobbiamo condannare solo noi stessi per qualsiasi deficienza o mancanza. In questo spirito, che speriamo porti con sé la necessaria chiamata all’azione, salutiamo l’anno passato e ci avviamo verso il 2024.

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