Massoneria(2) in Italia: Perché l’Italia non può cambiare?

Alla sua fondazione, la massoneria italiana non costituiva un’ organizzazione organica e indipendente, ma era piuttosto una sezione distaccata delle grandi massonerie internazionali – in primis francese e inglese -, divenuta solamente dopo – e in misura da determinare – prerogativa esclusiva e indipendente del nuovo Regno d’Italia post-risorgimentale.[1] La frammentarietà della penisola – dalla fine del Quattrocento divisa in vari staterelli al soldo di dominatori stranieri – si rifletteva infatti anche nei confronti della massoneria, che non poteva assumere vita propria e indipendente fino ad avvenuta unificazione dell’Italia.

Anche una volta unificata la nazione, la massoneria ebbe comunque una storia intricata, presenziando solamente a intermittenza un ruolo attivo e riconosciuto nella società.

Periodo pre-unitario

La prima loggia operativa in territorio italiano apparve nel 1731, costituita a Firenze da massoni inglesi, anche se alcuni datano la primissima loggia italiana al 1723, quando fu fondata a Girifalco, senza però assumere praticamente alcuna influenza. Appena costituita, la sezione italiana della frammassoneria inglese si trovò a dover subito fronteggiare la presenza della Chiesa, incorrendo in una prima scomunica ad opera di papa Clemente XII nel 1737 (lettera In eminenti apostolatus specula), e con ciò in un primo protomartire massonico, Tommaso Crudeli, ultima vittima dell’Inquisizione toscana. Fu l’inizio di una guerra che si protrasse per almeno centocinquant’anni, perlomeno fino a quando la Chiesa poteva esercitare un’influenza notevole nei confronti della società civile, pur scemando inesorabilmente col tempo. 

Prima di assurgere al ruolo di istituzione rispettata e soprattutto influente nei confronti dello Stato, la massoneria italiana dovette attendere l’epoca napoleonica e la fondazione, nel 1805, del Grande Oriente d’Italia. Il fratello Napoleone, cantato dal futuro massone Ugo Foscolo, oltre ad essere paladino della “massonizzazione” mondiale (pressoché in tutti i nuovi territori conquistati dall’esercito francese venivano costituite officine massoniche), ebbe anche ruolo fondamentale nel “riaccendere le ‘idealità’ della patria» e  “formò negli italiani quella coscienza nazionale che, soffocata nel 1815, divampò nella misura più matura delle rivoluzioni successive”.[2]

Caduto Napoleone, e con la Restaurazione galoppante, si verificò l’eclissi della massoneria italiana, perlomeno di quella massoneria perfettamente legalizzata e rispettata dell’era napoleonica. La massoneria passò, da istituzione alla luce del sole (e il cui segreto, semmai, riguardava esclusivamente il campo propriamente esoterico), a organizzazione sotterranea, che permeava all’esterno a momenti, mascherata in società quali la Carboneria, fomentando le cospirazioni e i moti costituzionali in Italia e in Europa. 

Come è stato rilevato[3], lo scopo della massoneria è quello di orientare l’opinione pubblica in senso generale – il che comprende anche costruire e inculcare una visione del mondo particolare -, cosa che seppe fare egregiamente durante il periodo napoleonico: «essa ebbe l’audacia di proporre miti, calendario e riti alternativi a quelli della cristianità: il culto della Scienza, velato della celebrazione della Natura. Il neopaganesimo delle logge d’età napoleonica era Enciclopedia, crescita civile, istruzione, educazione, il kantiano “sapere aude” pragmaticamente consegnato ai codici civile, penale e di commercio, rivoluzione di norme, senza efferatezze».[4]

Dopo la Francia, fu proprio in Italia che la massoneria riportò i maggiori risultati politici – ovvero l’Unità d’Italia, progetto spiccatamente massonico e nato in seno alle logge -, ma occorreva conseguire anche e soprattutto risultati cosiddetti morali, che consistevano nello plasmare l’uomo a immagine e somiglianza della massoneria, come ricorda il patriota israelita David Levi nel suo discorso del 1861:[5]

[…] Del Gran Programma Mass... del passato noi non abbiamo ottenuto sinora che il trionfo della parte politica ; ma trionfo siffatto non è durevole senza che venga sussidiato dal rinnovamento morale. Quest’ Italia , a noi , alle LL. . . Mass.’ . congiunte tra di loro , spetta unificarla , educarla , rinnovellarla in uno spirito , in un pensiero, in uno scopo.

I grandi innovamenti non si ottengono che coll’educazione del cuore e dello intelletto.

E l’Umanità ha due potenti educatori : la religione e la filosofia. Essi si uniscono in una sintesi superiore e Massonica . La RIFORMA DELL’UOMO INTERNO.

A raggiungere la gran riforma morale del pensiero e del cuore, la Massoneria trovò sempre innanzi a sè due terribili avversari, l’Impero e Roma ! L’Impero fu vinto colla spada [qui si riferisce all’Impero austriaco, N.d.A.] , e sarà sconfitto dietro la sua ultima barriera, in Venezia . Roma non si vince, e non si può possedere che colla forza morale [Roma stando qui per il papato, N.d.A.]. Tale forza risiede soprattutto nel Pensiero , e nell’ organamento Mass . : . Noi abbiamo tutto un sistema da opporre al sistema Romano ; una tradizione, un rituale al pari vetusto ; e se sappiamo

ordinarci , una gerarchia del pari vasta , un’unità al pari formidabile e compatta, noi pure possiamo chiamarci Legioni […].

Tra l’Unità e la Grande Guerra

Tralasciamo ora le minuziosità dei contrasti e le faziosità delle logge italiane, così come gran parte degli eventi politici dei primi quarant’anni del Regno che, seppur importanti, richiederebbero una trattazione enormemente più ampia. Possiamo dire con certezza che gran parte degli attori cruciali nella riuscita dell’unificazione italiana furono massoni, capeggiati da Garibaldi, acclamato Primo massone ed eletto Gran Maestro (1864). La Rivoluzione italiana va quindi intesa – nelle parole del Gran Maestro Adriano Lemmi – in una prospettiva etica, che ha come simbolo la debellatio di Pio IX a seguito della Breccia di Porta Pia – come da sue parole, per portare a compimento questa “rivoluzione dello Spirito”, “è necessario che gli uomini al governo degli Stati o sieno nostri fratelli o perdano il potere”.[6]

Unico momento che è utile ricordare al fine della nostra trattazione è la stipula nel 1882 della Triplice Alleanza (da parte del 33.’. Agostino Depretis), aspramente avversata da molti fratelli, con l’unico scopo di far emergere l’Italia dall’isolazionismo a seguito dell’imposizione del protettorato francese su Tunisi (conosciuto come “schiaffo di Tunisi”) – un trattato che aveva già in serbo il seme del tradimento, che si verificò nel 1915. 

Altra caratteristica di questo periodo fu lo scontro alquanto evidente tra le forze massoniche e quelle dell’antimassoneria, scontro che si esplicò nella presa di posizione da parte dei cattolici, nella difficile successione al G.M. Adriano Lemmi, nelle insuperate assimmetrie tra l’Ordine e le istituzioni, nella spaccatura del biennio 1908-1910 (che porterà alla costituzione della Gran Loggia d’Italia, contrapposta al GOI).  Insomma la massoneria si avviava verso un lento declino che avrebbe portato, nel 1925, sotto il peso della leggi fascistissime, a optare per l’auto-scioglimento delle logge italiane. 

La Grande Guerra

Questo è, assieme al 1989, il punto di non ritorno del Novecento: l’”evento da noi lungamente auspicato” – come testualmente scritto nella circolare del GOI datata 15 aprile 1915 -, dagli stessi che “avevano inteso la necessità della guerra e l’avevano preparata per l’onore e la grandezza d’Italia”[7].  Eppure in principio la massoneria fu contraria alla guerra. A onor di cronaca è infatti doveroso considerare gl’impegni di cui la massoneria internazionale (non solo italiana) si fece garante: garantire la pace, in linea con gli ideali massonici di fratellanza dei popoli. A questo proposito vennero indetti nel maggio 1912 i congressi di Lussemburgo e dell’Aja, sotto l’egida del Grande Oriente dei Paesi Bassi. Nonostante ciò, il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra a fianco dell’Intesa, cosa fortemente favorita dalla massoneria, che cambiava così radicalmente il proprio volto, senza spiegarne i motivi.

E qui c’è anche un particolare piccante: il 6 agosto 1914 il marchese massone di San Giuliano (che guidava le trattative con l’Intesa) venne informato dall’ambasciatore d’Italia a Londra, marchese Guglielmo Imperiali di Francavilla, di aver ricevuto l’israelita Alfred Rothschild, che gli aveva confidato nel massimo segreto che se l’Italia si fosse schierata a fianco dell’Intesa, essa avrebbe reso “incalcolabili vantaggi alla causa della pace”, cercando insistentemente un suo commento in merito.[8]

E’ quindi ragionevole supporre l’intervento sia politico sia economico di agenti stranieri all’Italia per portare quest’ultima a tradire gli accordi presi, dichiarando guerra all’Austria…

Il periodo fascista

Conclusa la guerra, la massoneria dovette trovarsi di fronte un temibile avversario (che pure aveva inizialmente avallato): il fascismo, che non tollerava altre scomode presenze se non se stesso (o istituzioni riconducibili comunque al partito), cosa che porterà (come già accennato) allo scioglimento delle logge. 

Mussolini uscì veramente vincitore dal braccio di ferro con la massoneria? Difficile a dirlo. 

Se è vero com’è vero che la massoneria, almeno formalmente, si era sciolta, e che le sedi del GOI di Roma, Milano e Palermo vennero devastate dagli squadristi, non è semplice determinare la dimensione reale dell’assalto antimassonico mussoliniano. Annientata (a quanto pare) la parte exoterica, vale a dire propriamente “materiale” e “visibile” della massoneria (i templi, i riti, le riunioni, le iniziative, i convegni ecc.), i fratelli si risolsero a divenire “dormienti”, affidandosi alla catena occulta che non si può sciogliere. In sintesi, venne rimossa la massoneria visibile, ma non lo spirito massonico: cosa di fatto impossibile senza minare l’identità stessa dell’Italia post-risorgimentale, pregna e costituita proprio sulla base di questo spirito. Ciò traspare anche dalle parole dello stesso Mussolini il quale, conversando col padre Tacchi Venturi, “gli avrebbe amaramente confidato che in Palazzo Venezia di non massoni v’eran che loro due”.[9]

Oltre a ciò, non mancarono tentativi di ricostruire una massoneria italiana in esilio, in antitesi aperta col fascismo, come testimonia l’opera del massone Giuseppe Leti il quale, avendo ricevuto i pieni poteri dal morente G.M. Ettore Ferrari, il 12 gennaio 1930 convocò presso un locale di Boulevard St. Denis l’assemblea costituente del ricostruito G.O. d’Italia in esilio.[10]

Conclusione: perché l’Italia non può cambiare?

Nel secondo dopoguerra la massoneria venne nuovamente ricostruita nel Bel Paese, ed ebbe un ruolo non marginale nella stesura della costituzione della Repubblica italiana, tant’è vero che il testo originale si trova oggi custodito presso Palazzo Giustiniani, storica sede del Grande Oriente d’Italia.[11]

Oltre a ciò, la massoneria è generalmente conosciuta dai più per le tristi vicende legate alla “loggia coperta” Propaganda 2 (nota come “P2”) e all’ex Gran Maestro del GOI Giuliano di Bernardo che, a seguito della “scoperta” di gravi illiceità all’interno del Grande Oriente, diede vita alla Gran Loggia Regolare d’Italia. 

Di Bernardo accusò il GOI di contiguità alla criminalità organizzata, cosa poi ricostruita dalle varie commissioni incaricate di indagare la questione – la massoneria sarebbe il tramite tra stato, imprenditoria e mafia, “un punto d’incontro per tutti”, come l’ha definita il pentito Leonardo Messina. Ci sarebbe, però, di più: i legami massonici favoriti – a quanto pare – dal potente boss Stefano Bontate (secondo Falcone, anch’esso appartenente alla P2 di Licio Gelli) avrebbero origine nel primo periodo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando l’allora OSS (Office of Strategic Services – antesignano della CIA) iniziò ad utilizzare le logge come strumento di controllo dei “possedimenti” americani in Europa: “Gli agenti dell’OSS, quasi tutti ‘muratori’, promossero la ricostruzione di un gran numero di logge per poter creare un tessuto connettivo in grado di controllare, in maniera tanto discreta quanto efficace, le dinamiche politiche ed economiche. […] Mafia e massoneria erano espressioni della medesima strategia di controllo del territorio e di gestione delle scelte politiche, fino a diventare nell’immediato dopoguerra gli strumenti attraverso i quali gestire la sovranità limitata, funzionale al disegno atlantico”.[12]

La risposta al sottotitolo di questo articolo, Perché l’Italia non può cambiare?, non è univoca, né immediatamente lineare: infatti non ci sono documenti atti a rispondere in maniera diretta ed inequivocabile a questa domanda-asserzione. Ci sono però – e man mano nella ricerca si manifestano sempre di nuovi – numerosi indizi sul banco delle prove, che sembrano attestare l’esistenza di un potere occulto e ben superiore a quello manifesto al cittadino. Potere che nasce dalla sudditanza dell’Italia al blocco atlantista a seguito della sconfitta nella Seconda guerra mondiale, ma le cui radici si radicano forse ben prima di questa, nei meandri della storia del Risorgimento e che ha portato, oggi, all’Italia che tutti conosciamo.

Concludiamo con le ormai trite e ritrite parole che l’ex G.M. della P2, Licio Gelli, esternò in un’intervista a Repubblica. Resta sempre in discussione l’onestà di Gelli, ma le sue parole mantengono immutata la loro pregnanza: 

“Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa”.[13]

NOTE

[1] MOLA, Aldo. A., Storia della massoneria in Italia dal 1717 al 2018. Tre secoli di un ordine iniziatico, Giunti Editore, 2018, p.93

[2] Ivi, p.95

[3] Come precisato dal G.M. Adriano Lemmi all’inaugurazione dell’anno massonico 1890: “La Massoneria voi lo sapete, o Fratelli, non serve né s’impone ai Governi; essa deve avere, ed ha, la potenza di creare e dirigere l’opinione pubblica”

MOLA, Op. cit, p. 219

[4] Ivi, pp.100-101

[5] David Levi, La genesi dell’idea massonica, discorso pronunciato all’apertura della costituente massonica il giorno 23 dell’11mo mese Anno V.L. 5861, https://www.google.it/books/edition/La_genesi_dell_idea_massonica_nella_stor/FknQmJhyRpgC?hl=it&gbpv=1&dq=david+levi+discorso&printsec=frontcover

[6] MOLA, Op. cit., p. 309

[7] Ivi, p. 405

[8] Ivi, p.392

[9] MOLA, Aldo. A., Storia della Massoneria italiana dall’Unità alla Repubblica, Milano 1976, p.539

[10] https://www.grandeoriente.it/donata-al-grande-oriente-la-targa-bronzea-di-giuseppe-leti-massone-antifascista/]

[11] https://www.grandeoriente.it/70-anni-entro-vigore-la-costituzione-alla-sua-stesura-contribuirono-anche-liberi-muratori/

[12] CERUSO VINCENZO, Le più potenti famiglie della mafia. Tutti i nomi e i cognomi di Cosa Nostra dalle origini a Matteo Messina Denaro, Newton Compton editori, 2020, p. 57

[13] https://www.repubblica.it/2003/i/sezioni/politica/gelli/gelli/gelli.html

 

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