Il mito del Risorgimento italiano – presentato abitualmente come il risveglio di un popolo nella lotta contro «l’oppressore straniero» – è uno degli esempi più emblematici di falsificazione e mitizzazione della storia, vale a dire di sostituzione della storia reale con una sua versione ideologizzata e patriottarda molto lontana dalla realtà. Ché, nella realtà di fatto, l’unione d’Italia altro non fu se non un’operazione a servizio di interessi di una precisa classe borghese allora in rapida ascesa, la quale aveva l’intima necessità di rovesciare il potere all’epoca vigente – cioè il potere regio – al fine di instaurare uno di tipo borghese che mirasse in prima istanza ad assicurare il commercio, abbattendo tutte le antiche barriere tradizionali che precludevano lo sviluppo capitalistico. Essendo pertanto il progetto di unificazione della penisola a servizio esclusivo di una classe ben precisa, si registrò più volte il generale disinteresse da parte della popolazione che non di rado agiva in maniera controrivoluzionaria accostandosi al proprio sovrano e ripudiando gli insorti. La natura impopolare dei vari moti rivoluzionari – in particolar modo di quelli del 1821 e del ‘31 – non impedì in ogni caso la diffusione del mito del Risorgimento, ed è così che “uno squallido politicante e affarista come Cavour divenne il «grande tessitore» dell’unità d’Italia; un agente […] della massoneria come Mazzini fu elevato a «apostolo della Patria»; un avventuriero come il massone Garibaldi fu celebrato come «l’eroe dei due mondi»”.(I)
La situazione della società tradizionale
Il reale valore e i termini della sovversione borghese che portò all’unità dell’Italia vanno intesi in rapporto alla società tradizionale all’epoca ancora vigente, che per sua stessa costituzione comprometteva le mire economiche ed egemoniche della borghesia. La società tradizionale, retaggio del miglior Medioevo, era costituita dal sovrano o dall’imperatore la cui autorità assumeva spesso valore assoluto: l’assolutista Luigi XIV, comunemente conosciuto come «Re Sole», rappresenta l’ultima eco di questa gloriosa stirpe di sovrani. L’imperatore, dopo la vittoria del cristianesimo, veniva incoronato dal papa in persona: il suo governo non era pertanto una mera amministrazione dei beni terreni, ma aveva un’importanza spirituale e sovratemporale; si credeva infatti che il dominio dell’imperatore rispondesse a una precisa volontà divina.
Per quanto concerne l’amministrazione economica e l’organizzazione demaniale, nelle società tradizionali esisteva l’istituzione del fedecommesso per i beni della nobiltà e il vincolo della manomorta per quelli del clero. (i)(ii)
Entrambi i sistemi vincolistici, precludendo la possibilità di monetizzare i beni fondiari, impedivano lo sviluppo capitalistico borghese. La natura della sovversione borghese è pertanto prettamente economica e mercantile, anche se travestita con pretese patriottiche e romantiche: si trattava in sostanza di debellare le vecchie istituzioni che mal si prestavano allo sviluppo capitalistico e alla logica del profitto, sostituendole con altre di tipo borghese. Per raggiungere lo scopo, la borghesia utilizzò tutti i mezzi in sua disposizione, dalla stampa al lavoro di setta, con la quale arrivò a corrompere i funzionari dell’antico regime e dell’esercito che ora, in quanto tutti fratelli massoni, rispondevano in primis alle direttive della setta piuttosto che a quelle dello stato.
Gli ostacoli principali all’ascesa della borghesia e al suo definitivo trionfo nel mondo politico erano rappresentati dalle istituzioni tradizionali, dagli stati garanti della tradizione – in primis dall’Austria – e dal papato. La presenza austriaca nella parte dell’Italia settentrionale minava infatti le possibilità di unione della penisola che, se attuata, avrebbe risolto definitivamente il grosso problema delle dogane e dei dazi dei vari stati italiani, che ovviamente contribuivano a contenere le attività commerciali della borghesia. Le aspirazioni per un’Italia unita erano dunque di natura prettamente economica, assolutamente scevra da idealismo e romanticismo, come osserva giustamente F. Catalano sostenendo che, a seguito della Restaurazione, “il ritorno al frazionamento della penisola in tanti Stati separati da barriere doganali rappresentava un colpo troppo grave alle aspirazioni dei ceti più evoluti che avrebbero desiderato unire anziché dividere le varie parti della penisola, perché essi tendevano a un mercato più ampio”.(II)
La presenza dell’Austria – che esercitava la propria egemonia direttamente sul Lombardo-Veneto, indirettamente sul Ducato di Parma e Piacenza (Maria Luigia d’Asburgo), sul Granducato di Toscana (Ferdinando III d’Asburgo-Lorena) e sul Ducato di Modena (Francesco IV d’Austria-Este), tenendo inoltre presidi a Ferrara, Piacenza e Comacchio(III) – garantiva lo status quo e la sua politica ispirata ai concetti di autorità, stabilità ed equilibrio (incarnati da Metternich) rappresentavano l’ostacolo principale alle mire egemoniche della borghesia. L’Austria era pertanto il principale nemico, come ebbe a scrivere Cesare Correnti, collaboratore del massone G. D. Romagnosi (oratore nella loggia napoleonica Reale Gioseffina di Milano) nella pubblicazione de Gli Annali: “in ogni circostanza il governo austriaco è il nostro nemico per natura, il nostro nemico per elezione, il nostro nemico per necessità”.(IV) Contro questo «giogo mostruoso», contro questo «fantasma notturno che ci soffoca» bisognava insorgere “con tutti i mezzi. Ogni mezzo è lecito, la frode, gli inganni, le cospirazioni, la guerra aperta, le alleanze con gli stranieri”.(IV bis)
Queste le intenzioni che mossero la borghesia nel suo moto sovversivo: per attuarlo, essa si servì del prezioso strumento della massoneria.
Le premesse illuministico-massoniche del 1700
La nascita della massoneria moderna viene collocata al 1717, quando con l’unione di varie logge di Londra venne istituita la «Grand Lodge of London». In breve tempo si estese in tutta l’Inghilterra e in Francia, dando un contributo determinante nella preparazione e nell’esecuzione di quell’assalto frontale e baldanzoso al trono e all’altare del 1789, a cui la storia diede il nome di Rivoluzione francese.
Dalla descrizione che i massoni stessi danno della loro occulta organizzazione si comprende l’intima connessione con gli ideali e gli interessi della borghesia. Traspare inoltre l’analogia tra la massoneria e la carboneria essendo quest’ultima, di fatto, il braccio armato della prima, come si legge in un rapporto di polizia del novembre 1814: “Della loggia dei Carbonari, che ha per stemma una scure ed una testa da lupo. Il di lei scopo è la distruzione dei regnanti, a riserva dal capo della Massoneria”.(V) Altrove leggiamo altre descrizioni: “Trucidare tutti i tiranni, distruggere affatto tutte le monarchie, e formare una repubblica universale, e schiacciare il pregiudizio”.(V bis)
L’unione della penisola doveva pertanto risultare funzionale al progetto massonico, che si adempì attraverso le tre Guerre d’indipendenza italiane: con la Quarta – cioè la Prima guerra mondiale – il proposito di «distruggere affatto tutte le monarchie» si realizzò con il crollo di quattro Imperi (tre dei quali secolari): l’Austria-Ungheria, l’Impero russo, l’Impero ottomano, e infine il giovane Impero tedesco.
L’elemento ebraico-sionistico
Allo sviluppo della massoneria contribuì notevolmente l’elemento israelita, spesso a scopo di tornaconto personale: infatti, laddove vennero instaurati governi massonico-borghesi, gli ebrei vennero emancipati, i ghetti chiusi, giungendo inoltre alla conquista del diritto di svolgere qualsiasi tipo di professione. Al di là delle convenzionali attività di loggia, gli ebrei si distinsero per l’appoggio economico che diedero alle logge e non solo alle logge – è risaputa la tendenza spiccatamente giudia ad appoggiare prima l’una, poi l’altra parte, oppure direttamente entrambe per i propri fini. Ovviamente, parlando di ebrei, non s’intendono qui gli affiliati ebrei alle varie logge o i simpatizzanti ebrei per il progetto unitario – che in quanto tali non si distinguono dagli altri «patrioti» – ma s’intende il movimento dell’ebraismo sionistico (anche se il Sionismo propriamente detto è generalmente collocato al 1880) che è spesso avvezzo a questi voli pindarici tra varie fazioni – anche se in conflitto reciproco – riuscendo poi a piegare l’operato dei vari movimenti a proprio vantaggio. Nel caso del progetto di unità dell’Italia, l’ebraismo-sionismo si distinse attuando vere e proprie “incursioni” e aperture nei confronti del nemico, allo scopo di assoggettarlo e potere così favorire «dall’interno» le idee massonico-borghesi: è il caso del Regno di Napoli che si vide costretto a chiedere ingenti prestiti di danaro per onorare il debito contratto con l’Austria a seguito dell’intervento militare della Santa Alleanza (richiesto dallo stesso re di Napoli Ferdinando), che soppresse i moti rivoluzionari carbonari scoppiati nel ‘21. Il movimento sionistico si presentò a corte nella persona del banchiere Carlo Rothschild con una proposta di prestito alquanto conveniente – che venne poi accettata – ma che permise ai Rothschild di avere in futuro voce in capitolo nell’amministrazione economica del regno, rendendolo anzi sempre più dipendente dalla loro banca. Sfruttando la sua nuova posizione, divenuta oramai indispensabile per il regno borbonico, Carlo diede appoggio diretto alla politica definita “dell’amalgama”, che consisteva in una progressiva apertura nei confronti dei ceti borghesi – il che si rivelò in seguito il preludio della rivoluzione, con la quale si dissolse il regno borbonico.
Fu questa, in linea di massima, la linea adottata dalla corrente giudaico-massonica e borghese per giungere al dominio politico: utilizzare spudoratamente tutto ciò che poteva risultare utile alla causa, non badando a contraddizioni e ipocrisia, senza considerare oltretutto la lealtà nei confronti degli “alleati” – siano essi l’aristocrazia, il governo o, in alcuni casi, il re stesso -, che sarebbero stati annientati senza riguardi al primo segno di debolezza.
Tra lotte intestine e guerra aperta, tra pubblica propaganda e mitizzazione del reale, alla fine la borghesia trionfò, cacciando i vecchi regnanti, seppellendo l’ancien régime (ora presentato come esempio dell’oscurantismo del passato) e glorificando i martiri della causa massonica come «eroi della Patria», «marescialli d’Italia» o, dopo la Seconda guerra mondiale e la magagna fascista, come «garanti dell’italianità delle terre strappate», continuando ad alimentare un iper-nazionalismo latente basato sul nulla, o giù di lì.
Emanuele Claudio
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Note
(i) fedecommesso: istituto giuridico in base al quale si trasmetteva il una proprietà al beneficiario che ha l’obbligo di conservare i beni ricevuti, i quali passeranno alla sua morte ad un soggetto diverso indicato dal testatore stesso.
(ii) manomorta: diritto di proprietà perpetuo per i beni ecclesiali e feudali, che erano inalienabili, inconvertibili e esenti da imposte.
(I) Mattogno Gian Pio, La rivoluzione borghese in Italia (1700-1815), Edizioni all’insegna del Veltro, 1989, p. 13.
(II) Mattogno Gian Pio, La rivoluzione borghese in Italia (Dalla Restaurazione ai moti del 1831), Edizioni all’insegna del Veltro, 1993, p. 6
(III)Ivi, Cit., p. 11
(IV) Ivi, Cit., p. 75
(IV bis) Ivi, Cit., p. 12
(V) Ivi, Cit., p.108
(V bis) Ivi, Cit., p.151