Il fumo di Satana: la mistificazione del Natale

Che il Natale, considerato da un punto di vista meramente speculativo e materiale, sia diventato oramai da oltre mezzo secolo il cavallo di battaglia del capitalismo dicembrino è un fatto assodato. Anche laddove sopravviva una parvenza dello spirito originario, questa non va oltre il formalismo o il ritualismo inerte, avvicinandosi semmai al fariseismo più pronunciato, se non direttamente al ridicolo. Le menti improntate all’emotivo vi scorgono in questo il fallimento della Chiesa, del suo Cristo e l’avanzata dell’esercito delle tenebre – questa, se è verità, è comunque una verità miope, di parte e slegata dalla realtà delle cose. Se il cattolicesimo è in crisi – e questo è pacifico -, l’origine di questa crisi è da ricercare non tanto in fattori esterni (che pure convergono), ma piuttosto all’interno del cattolicesimo stesso. In tutte le crisi il fattore scatenante e determinante parte sempre da una atrofizzazione interna, da un disconoscimento della propria identità, da una alienazione dal proprio Sé. 

Se l’Impero romano crollò, questo avvenne perché le forze che in principio lo costituivano vennero corrose nell’intimo, snaturando la struttura e i portamenti non già dell’Impero, ma della stessa civiltà romana. La civiltà romana – rappresentata dall’Impero – era in crisi e di conseguenza l’Impero crollò. Non fu pertanto il cristianesimo – che pure ebbe un ruolo determinante – con la sua morale e la sua visione religiosa (avulse rispetto allo spirito romano originario) a portare al crollo: l’Impero, proprio per l’aver permesso l’assimilazione di un culto asiatico e semitico “alieno”, dimostrava già in questo la sua decadenza spirituale. Il cristianesimo fu il colpo di grazia. 

Venendo più verso i giorni nostri, non fu Vittorio Veneto o l’Offensiva dei cento giorni a portare al collasso degli imperi centrali, ma fu la stessa civiltà mitteleuropea morente a tessere le reti in cui sarebbe caduta. Come poteva sopravvivere la concezione ancestrale austriaca – che, ricordiamo, discendeva direttamente dal Sacro impero romano – basata sul diritto e sulla religione, attorniata com’era da moderne repubbliche laiche e diciamo pure democratiche? Una frattura del genere non poteva sussistere: o l’uno o l’altro mondo doveva soccombere. 

Tutto ciò è indicato da E. Malynski come « la corrente di satanismo presente nella storia » che da dentro corrode e annichilisce, riduce atomicamente e disperde tutte le tradizioni, la stabilità e l’equilibrio sia individuale che collettivo. Qualsiasi ente, se colpito da questa « corrente  », non può fare altro che morire, e le riforme aiutano semmai ad allungare l’agonia. Ritornando al tema del cattolicesimo, esso rappresenta una storia e uno sviluppo più unici che rari nell’intera storia delle religioni. Anzitutto bisogna partire da un dato fondamentale, e cioè dal suo carattere composito, dal suo sincretismo di fondo di ritualistica, liturgia e dossologia ampiamente riprese dal paganesimo romano. Pertanto, il cattolicesimo non fu mai una tradizione per così dire integrale, completa, se non rifacendosi a riti e elementi tradizionali preesistenti, in buona pace dei cattolici tradizionalisti. Coloro che sono infatti propensi a disdegnare gli arcaici culti pagani romani e greci, dovrebbero tener presente che la data del Natale fu posta convenzionalmente dalla Chiesa il 25 dicembre, data in cui si celebrava a Roma il Sol Invictus, che venne poi identificato in Mithra. Perché? Per attribuirsi la data, prendendola così al culto di Mithra, che per il cattolicesimo altro non era se non l’inganno di Satana, che attraverso i culti misterici scimmiottava i misteri di Dio. Ma forse la questione è più semplice e meno oscura: il Cristo delle prime chiese era anch’esso Sol Invictus, utilizzando simboli solari come la corona radiata e persino il carro solare. D’altronde, anche nelle Scritture troviamo numerosi richiami alla solarità: dalla “donna vestita di sole” che combatte contro il drago tellurico dell’Apocalisse(cfr. Apocalisse cap. 12) al Cristo che risorge di domenica, giorno del sole. Detto ciò, bisogna considerare il progressivo discostamento del cattolicesimo dalla propria fides originaria, in particolar modo dopo la Riforma, quando si passò progressivamente ad una forma secolarizzata fatta di mero formalismo esteriore. In risposta a questo traviamento vennero le varie mistiche, che con il loro slancio mistico-emotivo presentavano, ognuna a modo suo, la propria versione dei vangeli, della vicenda di Gesù, intrise di pathos e miste a prospettive escatologico-apocalittiche, derivate evidentemente dalla menomazione dell’energia sessuale e dalla volontà di potenza mozzata. Quindi, si è tentato di risolvere il travisamento materialistico-nozionistico postmedievale con una deviazione mistico-emozionale. 

Il risultato di questo processo si vede oggi nel variegato mondo cattolico, in cui si intravedono vari sottogruppi di devoti a questo o quel santo, di pie donne fedeli a questa o quella Madonna – dominando, inoltre, una generale ignoranza non già teologica, ma dei fondamenti stessi della dottrina della Chiesa. Il risultato più prossimo di questa frammentazione interna (sia dottrinale che liturgica) è quello di giungere ad una sostituzione di Dio – che dovrebbe essere il centro della fede – con l’uomo; quando la religione si riduce da esperienza fondativa nella vita dei singoli a mero moralismo, si passa immancabilmente dal cielo alla terra, cioè dalla prospettiva teocentrica a quella antropocentrica. Se la « radice » – per dirla con Spengler – è morta, la « vera » esperienza religiosa si riduce, in sintesi, a mero formalismo e nozionismo morale. Per dirla con Evola, qualsiasi tradizione ha termine quando l’uomo – e così il clan o civiltà – perde la conoscenza diretta del proprio Io, cioè l’autocoscienza della propria identità (tesi che noi abbiamo ripreso nel nostro articolo sulla dissoluzione dell’Io). Da ciò l’intrinseco materialismo e, se vogliamo, anche ateismo, del cattolico medio, incapace di concepire qualcosa di superiore alla vita, per cui valga la pena sacrificarsi. Eppure fu scritto che « II sangue degli eroi è più sacro dell’inchiostro degli eruditi e della preghiera dei devoti ».

Una situazione totalmente differente si trova, ad esempio, nell’Islam, che tra le religioni del libro (Ahl al-Kitāb) è quella che oggi meglio sopravvive. Il motivo è molto semplice: nell’Islam, come del resto anche nell’ebraismo, ci vuole anzitutto uno studio del libro, e di conseguenza qualsiasi esperienza mistica non può prescindere dal testo sacro. Questo nel cristianesimo in particolare cattolico è andato quasi del tutto perduto… 

Le prospettive per una alacre ripresa del cattolicesimo sono alquanto oscure e limitate. Noi vorremmo, in questa sede, limitarci a riproporre la visione di un autore che prospetta un cristianesimo diverso (affine al paganesimo), a partire dalla mistica di Giovanni, che pone al centro la “radice”: 

« Dio è luce e amore di tipo gnostico. […] La mistica di Giovanni è sia individuale che collettiva e sacramentale, ma sempre basata sulla gnosi meditativa: “Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, allora è unito a Dio e Dio è in lui.” (1 Gv 4,15) Nella sua concezione l’ekklesia non è un organismo burocratico e formale, ma è il rapporto d’amore che lega gli uomini fra loro e Dio attraverso Gesù, un rapporto che si esplica, prima ancora che in un’azione esterna, in un’azione interna, ossia nella contemplazione. È attraverso l’interiorizzazione meditativa, ossia al rapportarsi al Sé, al proprio essere più profondo, che l’uomo riesce ad amare gli altri come se stesso. Dall’amore per il Sé (che è il rapporto primordiale dell’uomo con se stesso) nasce l’amore per Dio, e viceversa. La frase di Gesù: “Io sono Dio e Dio è in me” (Gv 14,11) indica infatti che il Sé più profondo dall’uomo-dio (prototipo di tutti gli uomini) si identifica con la divinità. »(II)

NOTE

(I)(II) Lamparelli Claudio, Tecniche della meditazione cristiana, Arnoldo Mondadori Editore, 1987, p.95

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